storia
l' antica famiglia dei Campanile, discendente da Desiderio Re dei Longobardi, per prima si occupò della bonifica del territorio facendo disboscare (roncare) con la roncola il territorio. Dall' arnese il probabile sinonimo del nome Ronchi. L'associazione scontata Ronchi dei Campanile. Viene menzionato Ronchi, per la prima volta, in un manoscritto di uno statuto del 1234 ed in un altro codice del 1276. Storiche sono le visite pastorali di San Gregorio Barbarigo nel 1680 e del Rezzonico nel 1746.( Il Cardinale Carlo Rezzonico diventerà il Papa Clemente XIII)
La presenza di numerose ville signorili; quali Villa Mugna ora Iris, Villa Coletti ora Suppiej, Villa Bachetti ora Bonomi e Villa Borromei ora Rossato, testimoniano il passato importante e pregevole di questo borgo.
L’attuale Ronchi di Campanile risulta dai Ronchi di Bonifacii e Ronchi dei Campanile presi insieme. Sono distintamente segnate come due ville distinte; nel 1201 l’una con la qualità di Runchi Henrici a Campanilis, l’altra con quella di Runchi Bonifacii (Statuti di Padova n. 1011 pag. 325). Inoltre, dal volume Territorio Padovano Illustrato per Andrea Gloria, si trae che: “E’ cosa certa aver avuto questa villetta il nome dalla famiglia estinta da Campanile, ciò che scrive il Cortellerio, poiché uno statuto del 1234 la noma Runchi Henrici a Campal. Da ciò inferisco che il luogo dapprima boschivo ridotto a cultura da quella famiglia.” A conferma di quanto scritto abbiamo infatti il verbo roncare (latino runcare) con i toponimi di Ronco, Ronchi, Ronchetti, RonCa’, che significa estirpare usando la ronca, tagliare, disboscare, mettere in cultura.
La presenza nel 1320 di una cappella nel nostro territorio, risulta anche dal libro Storia di Lissaro di Don Angelo Straiotto, il quale afferma che la stessa detta dei Ronchi di San Bonifacio dipendeva dalla parrocchia di Lissaro. Altre cappelle sulle quali aveva autorità l’Arciprete di Lissaro, un certo Prando, erano: S. Bartolomeo di Mestrino, S. Michele di Relda (poi Reolda) di Veggiano, S. Maria di Zocco, S. Michele di Arlesega.
Ritornando al nostro archivio risulta che nel 1463, con bolla del 2 giugno, Papa Pio 2° concede la chiesa di Mestrino e la Cappella di S. Giacomo di Ronchi al parroco di Rubano, Don Pellegrino di Domenico d’Albamà. In detta bolla si dice che la cappella di S. Giacomo era senza cura e che era vacante da così tanto tempo da non esserci più memoria certa. Il suo beneficio valeva due fiorini d’oro, mentre il beneficio di Mestrino ne valeva dodici.
Nel 1519, in un inventario era chiamata S. Giacomo de i Ronchi de Campanil, aveva i muri neri, coperta da coppi, non orto, nè corte. Attorno teneva sette campi, se ne davano i confini, la terra era lavorata da Menego Sete “il quale paga il fito ogni ano a mi p.te Alvise De Stefani retore de la dita Jesa”.
La prima visita pastorale si ebbe nel 1587, in essa viene chiamata “Eccelsi Parochialis S. Jacobi de Ronchis de Campanile”, in quell’epoca era cappella della Pieve di S. Giacomo di Villaguattera. Veniva detta vacante, ma si esercitava la cura della anime per merito del prete Brancolino Rebecca. Era sprovvista di sacrestia, confessionale e suppellettili. Le due campane erano sostenute da due pillis posti sul culmine della chiesa a mezzogiorno. Aveva il cimitero, ma non circondato da muro. In quella occasione era riconfermata la rendita dei sette campi, per un valore di dodici ducati l’anno.
Nel 1670, da una visita dell’Arciprete di Limena dopo la partenza per malattia del curato Don Mattia San Vio, quindi chiesa nuovamente sprovvista di sacerdote, risulta che fosse sotto la giurisdizione della nobile famiglia Formenton di Venezia. Poco dopo verrà designato parroco Don Girolamo Balega, già custode del Santuario delle Grazie di Villafranca, che si prenderà cura delle 369 anime.
Da quanto sopra riportato si deduce che la chiesa edificata nel 1300, dedicata a S. Giacomo di Ronchi di Campanile, decadde nel corso degli anni, al punto di diventare una semplice chiesa campestre senza cura delle anime. E’ molto probabile che in un fatto di guerra, avvenuto verso la fine del 1600, sia stata parzialmente o completamente distrutta o bruciata.
La presenza di numerose ville signorili; quali Villa Mugna ora Iris, Villa Coletti ora Suppiej, Villa Bachetti ora Bonomi e Villa Borromei ora Rossato, testimoniano il passato importante e pregevole di questo borgo.
L’attuale Ronchi di Campanile risulta dai Ronchi di Bonifacii e Ronchi dei Campanile presi insieme. Sono distintamente segnate come due ville distinte; nel 1201 l’una con la qualità di Runchi Henrici a Campanilis, l’altra con quella di Runchi Bonifacii (Statuti di Padova n. 1011 pag. 325). Inoltre, dal volume Territorio Padovano Illustrato per Andrea Gloria, si trae che: “E’ cosa certa aver avuto questa villetta il nome dalla famiglia estinta da Campanile, ciò che scrive il Cortellerio, poiché uno statuto del 1234 la noma Runchi Henrici a Campal. Da ciò inferisco che il luogo dapprima boschivo ridotto a cultura da quella famiglia.” A conferma di quanto scritto abbiamo infatti il verbo roncare (latino runcare) con i toponimi di Ronco, Ronchi, Ronchetti, RonCa’, che significa estirpare usando la ronca, tagliare, disboscare, mettere in cultura.
La presenza nel 1320 di una cappella nel nostro territorio, risulta anche dal libro Storia di Lissaro di Don Angelo Straiotto, il quale afferma che la stessa detta dei Ronchi di San Bonifacio dipendeva dalla parrocchia di Lissaro. Altre cappelle sulle quali aveva autorità l’Arciprete di Lissaro, un certo Prando, erano: S. Bartolomeo di Mestrino, S. Michele di Relda (poi Reolda) di Veggiano, S. Maria di Zocco, S. Michele di Arlesega.
Ritornando al nostro archivio risulta che nel 1463, con bolla del 2 giugno, Papa Pio 2° concede la chiesa di Mestrino e la Cappella di S. Giacomo di Ronchi al parroco di Rubano, Don Pellegrino di Domenico d’Albamà. In detta bolla si dice che la cappella di S. Giacomo era senza cura e che era vacante da così tanto tempo da non esserci più memoria certa. Il suo beneficio valeva due fiorini d’oro, mentre il beneficio di Mestrino ne valeva dodici.
Nel 1519, in un inventario era chiamata S. Giacomo de i Ronchi de Campanil, aveva i muri neri, coperta da coppi, non orto, nè corte. Attorno teneva sette campi, se ne davano i confini, la terra era lavorata da Menego Sete “il quale paga il fito ogni ano a mi p.te Alvise De Stefani retore de la dita Jesa”.
La prima visita pastorale si ebbe nel 1587, in essa viene chiamata “Eccelsi Parochialis S. Jacobi de Ronchis de Campanile”, in quell’epoca era cappella della Pieve di S. Giacomo di Villaguattera. Veniva detta vacante, ma si esercitava la cura della anime per merito del prete Brancolino Rebecca. Era sprovvista di sacrestia, confessionale e suppellettili. Le due campane erano sostenute da due pillis posti sul culmine della chiesa a mezzogiorno. Aveva il cimitero, ma non circondato da muro. In quella occasione era riconfermata la rendita dei sette campi, per un valore di dodici ducati l’anno.
Nel 1670, da una visita dell’Arciprete di Limena dopo la partenza per malattia del curato Don Mattia San Vio, quindi chiesa nuovamente sprovvista di sacerdote, risulta che fosse sotto la giurisdizione della nobile famiglia Formenton di Venezia. Poco dopo verrà designato parroco Don Girolamo Balega, già custode del Santuario delle Grazie di Villafranca, che si prenderà cura delle 369 anime.
Da quanto sopra riportato si deduce che la chiesa edificata nel 1300, dedicata a S. Giacomo di Ronchi di Campanile, decadde nel corso degli anni, al punto di diventare una semplice chiesa campestre senza cura delle anime. E’ molto probabile che in un fatto di guerra, avvenuto verso la fine del 1600, sia stata parzialmente o completamente distrutta o bruciata.